Ebrei |
L’intolleranza verso “il diverso da sé”, elemento fondante di ogni razzismo, è stata applicata in primo luogo verso gli ebrei. L’Olocausto degli ebrei europei è l’aspetto più tragico del pensiero e del comportamento razzista portato alle sue estreme conseguenze.
Storicamente, l’antisemitismo è il prodotto dell’ostilità religiosa alimentata dai cristiani contro gli ebrei che sono stati accusati di deicidio, cioè di essere i responsabili dell’uccisione di Gesù Cristo.
In Europa, dopo la grande guerra, il razzismo antisemita si acuisce con manifestazioni violente e irrazionali particolarmente in Germania, dove il nazionalismo stimolato dalla disfatta addossa agli ebrei e ai socialisti la responsabilità della sconfitta. Ciò apre la strada alle farneticazioni di Hitler, che indica negli ebrei la causa di tutte le disgrazie del paese.
Fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, l’obiettivo principale del nazismo e di Hitler consiste nel rendere il Reich “libero dagli ebrei”, judenfrei. In questa prima fase, il sistema prescelto per “ripulire” la Germania dagli ebrei è di costringerli ad emigrare. Ma la soluzione “emigrazione” alla vigilia della seconda guerra mondiale è già sostanzialmente fallita.
Nasce allora l’idea di ampliare il concetto stesso di deportazione trasferendo forzatamente in un luogo distante dal suolo nazionale gli ebrei tedeschi. Il luogo viene individuato nell’isola di Madagascar, ma ben presto anche questo piano fallisce. Nel periodo bellico il problema si aggrava ulteriormente. Con l’invasione del Belgio, dell’Olanda, della Francia, della Danimarca e Norvegia, l’obiettivo prioritario di rendere judenfrei la Germania, si allarga a dismisura: occorre rendere judenfrei l’intera Europa. Si fa così strada un’altra soluzione: deportare gli ebrei europei all’Est concentrandoli nei territori polacchi occupati.
Creare in Polonia dei grandi ghetti appare la soluzione più appropriata. Tuttavia sin dall’inizio ci si scontra con un altro pilastro dell’ideologia nazista, il cosiddetto “spazio vitale” che la Germania deve guadagnarsi ad Est.
I territori conquistati devono infatti essere destinati ai tedeschi. Il concentramento nei ghetti della Polonia è solo una “soluzione transitoria” in attesa della fine della guerra. Intanto la Germania sta preparando i piani di invasione dell’Unione Sovietica. Il numero degli ebrei che vive in quel paese ammonta a svariati milioni. È qui che nasce l’idea di eliminare fisicamente gli ebrei dell’Unione Sovietica con nuclei di sterminio mobili appositamente creati, i cosiddetti “Einsatzgruppen”. Nel 1941 la Germania invade l’Unione Sovietica. All’avanzare delle truppe tedesche, alle loro spalle, gli Einsatzgruppen iniziano un sistematico massacro degli ebrei che provoca oltre 1.500.000 morti. La soluzione dello sterminio sul posto rappresenta un “salto di qualità” nel progetto di eliminazione del giudaismo europeo. Ma le fucilazioni compiute sul suolo sovietico sono inimmaginabili in Occidente. Occorre studiare un altro metodo; è qui che si fa strada l’idea della “soluzione finale”, cioè dell’annientamento fisico degli ebrei in campi di concentramento predisposti in Polonia. Nel 1942 ha inizio così l’“Olocausto”, la “Shoah”, la “soluzione finale” del problema ebraico.
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